Credete che l’Italia sia un Paese retrogrado ed attento più all’immagine che alla sostanza, specialmente sul luogo di lavoro?
Ritenete che invece l’Inghilterra sia una Nazione con una mentalità molto più liberale in tema di immagine, tanto da sdoganare in qualunque contesto capelli colorati, tatuaggi e piercing?
Si tratta di una approssimazione della realtà, pertanto è solo parzialmente vera.
Anche qui, infatti, l’apparenza conta, specie nel momento in cui si svolge una professione a contatto con il pubblico: le restrizioni all’abbigliamento, per esempio, sono numerose.
Senza voler prendere in considerazione gli impiegati della City, il centro finanziario di Londra, che da non molto hanno abbandonato la tradizionale bombetta ma ancora vestono tutti – tutti – completi con giacca e cravatta (se uomini) e tailleur (se donne); senza nemmeno voler considerare avvocati e giudici, che da oltre tre secoli indossano non solo la toga, ma anche la caratteristica parrucca (anche le donne), vi confesso che mi ha molto incuriosito leggere di polemiche, montate negli ultimi tempi, circa l’obbligo, imposto ad alcune commesse o segretarie d’azienda, di indossare gonna e scarpe con i tacchi.
Anche gli infermieri, lo sappiamo, sono vincolati al rispetto di determinate regole, per quanto riguarda l’impiego della divisa e l’utilizzo di monili, anelli e bracciali: molto diffusa, non solo nel mio ospedale, è la regola “bare below the elbow”, letteralmente “nudi sotto al gomito”, ovvero dal gomito alle mani.
Si tratta, è evidente, di disposizioni legate al controllo delle infezioni, mentre altre sono invece inerenti alla sicurezza dell’operatore. Alcune policies, ad esempio, ammettono gli “studs”, gli orecchini con farfallina, ma non quelli ad anello o con pendenti, poiché – mi è stato spiegato – un paziente con demenza e/o in stato di agitazione psico-motoria potrebbe strapparli via.
Per quanto riguarda, invece, tatuaggi, acconciature vistose, piercing (senza anello), invece, il dibattito è particolarmente acceso, nei Paesi anglosassoni come in Italia e nel resto del mondo. Ho espresso sul tema la mia opinione in un post di oltre un anno addietro, a cui vi rimando: https://ilmioregnoperuninfermiere.info/2016/05/
Anche in quella circostanza, mi ero considerato favorevole ai tatuaggi ed ai piercings, purché, appunto, non costituissero veicolo di infezioni e/o non interferissero con la sicurezza del paziente e dell’operatore.
Anch’io, d’altronde, ho indossato orecchini per anni.
Di recente, un episodio ferragostano di una trasmissione televisiva inglese, denominata “Body fixers” (letteralmente: gli “aggiusta-corpi”), ha riaperto la discussione, dopo che Niall, uno studente infermiere dai gusti punk, ha chiesto agli esperti della trasmissione di farsi tagliare l’acconciatura mohicana e di farsi ridurre il foro praticato nel lobo, che nel tempo era diventato così ampio da potervi inserire due evidenziatori.
Scopo del restyling: rendersi “presentabile” ai pazienti ed evitare di spaventarli, come dichiarato dallo stesso giovane. Osservate voi stessi il cambiamento:
Ora: non c’è dubbio che il risultato estetico sia gradevole (ci mancherebbe, visto che nella trasmissione intervengono esperti di cosmetica, medicina estetica ed anche un chirurgo plastico, che ha eseguito l’intervento ai lobi di Niall).
Il suo caso, tuttavia, mi fa sorgere alcuni interrogativi.
In una realtà multiculturale come quella di Londra, capita di lavorare fianco a fianco con chirurghi sikh dai tipici turbanti, che non rimuovono mai, come previsto dalla loro religione; medici musulmani con lunghissime barbe; infermiere africane con parrucche (le indossa la grande maggioranza di loro, lo sapevate?) spesso molto vistose e dal gusto estetico su cui non è affar mio discutere, ma che è oggettivamente lontano anni luce dai canoni europei. In tutti questi casi, tali dettagli estetici sono considerati espressione della propria cultura, religione od origine etnica.
Perché, allora, uno studente infermiere dallo stile punk dovrebbe spaventare i pazienti?
Per chi volesse leggere qualcosa in più sulla vicenda di Niall, vi rimando a questo link del quotidiano inglese Daily Mail: