Palazzetti dello sport saturi di folle oceaniche, “viaggi della speranza” in pullman, smartphone e tablet durante la prova d’esame, ricorsi di massa, blitz dei Carabinieri e inchieste della Procura: questa è sempre stata la realtà dei concorsi pubblici in Italia, ma ora lo è anche per gli infermieri, dopo anni di tagli al Sistema Sanitario Nazionale, che hanno visto l’andamento dell’occupazione infermieristica scendere dal 90 al 25% dal 2009 al 2014 (fonte: Centro Studi Nursind).
E’ normale oggi sentire parlare di selezioni pubbliche nelle quali migliaia di neolaureati e non competono per poche decine di posti. Mi raccontava un caro collega ed amico che Trieste proprio oggi è piena di aspiranti per uno dei 173 posti offerti in Friuli-Venezia Giulia.
Ma perchè il concorso è obbligatorio per entrare in un ospedale pubblico?
Si tratta di un requisito previsto per l’accesso a tutti i pubblici uffici dall’art. 97 della Costituzione, allo scopo di garantire – come recita la stessa norma Costituzionale – imparzialità ed andamento della Pubblica Amministrazione.
In altre parole, l’obiettivo originario dei Padri Costituenti era quello di selezionare i migliori candidati in modo trasparente. Le attuali vicende dimostrano che la validità dei principi ispiratori è attuata attraverso un sistema ormai obsoleto e pieno di smagliature, da riformare profondamente, perchè, oltre a permettere ai soliti disonesti di infilarcisi dentro – perpetrando così l’infinita sfiducia degli Italiani in esso – genera inefficienze e contraddittorietà.
Mi spiego con alcuni esempi.
Ha forse senso che le prove sostenute abbiano un peso preponderante nella valutazione finale, e che professionisti esperti debbano competere in pratica sullo stesso piano con neolaureati? Perchè ricorrere alle farraginose procedure burocratiche di un concorso, che attraversa ere geologiche dal bando alla nomina dei vincitori, quando le carenze strutturali sono immediate? Mentre nella nomina dei dirigenti medici i titoli e le competenze acquisite giocano un ruolo predominante (anche se il pensiero malizioso va sempre lì, alla raccomandazione ed al nepotismo) ed i tempi sono molto più ristretti, gli infermieri, pur essendo anch’essi professionisti della sanità, sono ancora considerati come impiegati statali sin dal momento della loro selezione.
Tutti i quesiti appena posti non hanno alcun senso nè applicazione in Inghilterra, dove il concorso pubblico semplicemente non esiste.
La scelta dei candidati avviene in poche ore, nelle quali gli aspiranti vengono selezionati attraverso un semplice colloquio: l’interview. Sono gli stessi manager dell’ospedale a presiedere alla suddetta conversazione, che spazia da domande legate alla vita privata ed agli interessi personali (gli Inglesi diventano molto interessati allorchè si racconti loro di avere trascorsi sportivi od attitudini musicali), alle competenze professionali acquisite sino a quel momento, fino alle procedure che il candidato adotterebbe in caso di eventi avversi come la caduta di una paziente od un errore nella somministazione della terapia. Io stesso sono stato assunto così, in tre quarti d’ora di colloquio serrato (ovviamente in lingua inglese), a cui poi hanno fatto seguito cinque – cinque! – soli trepidanti minuti di attesa per sapere che ero stato stato assunto e quale sarebbe stata la mia destinazione.
In realtà il processo di selezione non si esaurisce con la sola interview, poichè giocano un ruolo determinante, durante e/o dopo il colloquio, la produzione delle references, ovvero delle referenze.
Esatto, proprio quelle che in Italia si consegnano solo quando si è raccomandati.
Nel Regno Unito esse hanno invece una valenza completamente diversa e servono a comprovare, attraverso il resoconto fornito dal precedente datore di lavoro, le skills, ovvero le competenze acquisite, nonchè le attitudini positive ed i punti di forza del candidato.
In altre parole, gli Inglesi non si fidano delle millanterie che potrebbe vantare chi vuole ottenere un posto di lavoro e cercano conforto nelle parole del suo precedente employer.
Ecco allora che le possibili distorsioni di un sistema di selezione rapido, ma potenzialmente soggettivo come quello dell’interview vengono compensate dalle references.
In Italia la cultura delle referenze non esiste ed è per questo motivo che è davvero difficile ottenerle, credetemi – per esperienza personale: rivolgersi a qualcuno per le references viene considerato come un favore personale, quando non si è in pessimi rapporti con un datore di lavoro che potrebbe non averci messo in regola od essere fallito dopo non averci pagato per mesi lo stipendio.
Non si può nemmeno provare a rivolgersi a parenti, le referenze così ottenute non vengono accettate!
Di certo non si tratta di un sistema perfetto: la rapidità della selezione impedisce a mio parere una valutazione accurata dei candidati, che comunque dovranno dimostrare poi il loro valore sul campo.
Ma almeno riduce drasticamente i tempi di assunzione e favorisce la diluizione dell’offerta di lavoro, permettendo a chi è in cerca di lavoro di muoversi su più fronti e di partecipare a diverse interview in pochi giorni. Ed evitando di salire su un pullman per iniziare un “viaggio della speranza”.