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Londra 16 marzo 2018

alla Presidente Dott. Ssa Barbara Mangiacavalli

 

al Comitato centrale

ai Presidenti provinciali

Ordine delle Professioni Infermieristiche

Gentili Colleghi,

chi Vi scrive sono i figli di un Ordine minore.

Quelli che hanno fatto le valigie, gli emigrati, per alcuni i traditori della Patria.

Noi siamo, in particolare, gli infermieri italiani emigrati in Gran Bretagna, ma siamo sicuri di non peccare di superbia, affermando che le nostre rivendicazioni sono le stesse dei colleghi che vivono e lavorano in Svizzera, Germania ed in molti altri Paesi d’Europa e del mondo.

Siamo i figli di una diaspora che molti noi hanno deciso liberamente, molti altri forzatamente, come conseguenza di anni di disoccupazioni, di contratti precari o di lavoro dipendente, simulati da partita IVA, di contenziosi con datori di lavoro che non hanno erogato mesi di stipendi.

Una diaspora che è avvenuta sotto i Vostri occhi e, purtroppo, nel Vostro silenzio, soprattutto negli ultimi cinque anni.

Siamo tanti, migliaia. 2.600 di noi sono alle dipendenze del sistema sanitario pubblico più antico, grande e celebre al mondo, il National Health Service inglese, mentre molti altri prestano la loro attività nel settore privato.

Dopo aver lasciato la nostra terra ed i nostri affetti ed aver superato un periodo di ambientamento, molti di noi, tra mille difficoltà e sacrifici, hanno iniziato a compiere progressi significativi nelle loro carriere professionali.

La nostra comunità annovera già docenti, coordinatori di Dipartimento, professionisti con competenze così avanzate da essere in grado di eseguire, in autonomia, procedure chirurgiche riservate in Italia ai soli medici. In molti hanno conseguito titoli di studio post laurea e tutti stanno accumulando un incredibile patrimonio di conoscenze, in un contesto organizzativo estremamente vicino, nei principi costituenti, al Servizio Sanitario Nazionale.

Questo fenomeno, tuttavia, continua ad avvenire nel silenzio delle istituzioni italiane e del neonato Ordine.

Il recente Congresso nazionale della Fnopi, per esempio, ci ha praticamente ignorati.

Ci siamo sentiti troppo spesso dimenticati due volte, prima e dopo essere partiti.

Chi di noi rientra in Italia lo fa in sordina, per ragioni familiari, o più semplicemente perché è stanco di vivere lontano da casa.

Nessuno di noi si attende di essere accolto da un tappeto rosso, ma di certo non torniamo perché ci vengono proposte condizioni di lavoro migliori od avanzamenti di carriera.

Sappiamo, invece, che ci toccherebbe fare molti passi indietro.

Chi rientra è atteso, ancora una volta, da contratti di lavoro temporanei; nel migliore dei casi, da un posto in una struttura pubblica, dopo aver superato però il calderone di una selezione, che i Padri Costituenti concepirono per scegliere imparzialmente i più meritevoli e che oggi, invece, dimentica colpevolmente proprio la sua ragione istitutiva.

Perché gli infermieri che emigrano all’estero possono ottenere il riconoscimento degli anni di servizio solo passando attraverso una procedura lunga e complessa, spesso non in linea con i tempi e le esigenze di un candidato ad un concorso.

Perché i titoli di studio conseguiti all’estero non vengono riconosciuti, se non genericamente, all’atto della selezione, e talora vengono messi da parte all’atto della nomina, quando ci ritrova assegnati ad una Unità Operativa o ad una branca clinica completamente diversi da quella dove si sono maturati anni di lavoro e di esperienza.

Cosa aspettarsi, d’altronde, da un Paese che nemmeno con la bozza del nuovo contratto collettivo offre alla categoria un adeguato riconoscimento delle competenze avanzate e specialistiche?

Specializzazioni, dirigenza, management, sono parole, concetti, obiettivi di carriera che un nurse inglese vive nella sua operatività quotidiana.

Quando un infermiere italiano in Inghilterra si abitua a questa realtà, diventa poi difficile capire perché il medesimo riconoscimento non avvenga in Italia.

La comunità infermieristica italiana nel Regno Unito ha vissuto negli ultimi anni il fenomeno dell’emigrazione, in linea di massima, come necessità.

Ha scoperto poi le opportunità che la sanità inglese offre agli infermieri, ha sperimentato sulla propria pelle un altro modello di sanità, un altro modello di nursing, ha iniziato a coglierne i frutti e desidera ora mostrarli ai colleghi in Italia, condividendo le competenze e le esperienze maturate.

E’ per questa ragione che abbiamo deciso di superare la solitudine nella quale abbiamo vissuto e di organizzarci, autonomamente e spontaneamente, lontano da chi finora ci ha trascurato, ma senza dimenticare mai chi sono gli interlocutori istituzionali nella nostra Patria.

Non sono infatti le istituzioni che creano le comunità, ma il contrario: è esattamente questo che sta avvenendo nel Regno Unito, dove, per ora ancora solo sui social media, le migliaia di infermieri sparpagliati sul territorio britannico stanno iniziando a prendere forma e consistenza di una comunità professionale, che interagisce vivacemente e fonde le proprie esperienze, in un processo finalizzato alla crescita comune e ad obiettivi condivisi.

Chi Vi scrive rappresenta un gruppo che riunisce, ad oggi, oltre 400 infermieri italiani in Gran Bretagna e che ha assunto la denominazione di Italian Nurses Society, ispirandosi all’antico modello di cooperazione ed autotutela della società di mutuo soccorso.

Abbiamo due soli mesi di vita e la nostra voce è quella di una frazione dell’intera comunità, ma ci proponiamo di rappresentarla in futuro nella sua interezza, diventando l’associazione di riferimento della comunità infermieristica italiana presente sul territorio britannico.

Cercheremo, se necessario, il gemellaggio anche con altri colleghi, qualora intendano avviare analoghe iniziative sul territorio britannico: a differenza di quello che vediamo accadere in Italia, dove la rivalità e la contrapposizione stanno rendendo la categoria sempre più divisa e debole, l’isolamento e la lontananza ci hanno fatto comprendere l’importanza dell’unità e della solidarietà, nel segno dell’appartenenza alla medesima categoria professionale.

Lo scopo di questa lettera aperta, comunque, non è solo quello di comunicarVi la “lieta novella” della nascita di una comunità di infermieri italiani nel Regno Unito, ma anche di annunciarVi che, se finora non siamo stati ascoltati, saremo da oggi noi a far sentire la nostra voce, in modo sempre più pressante, individuando in Voi e nell’Ordine delle professioni infermieristiche il nostro esclusivo interlocutore istituzionale in Italia.

E’ nostra intenzione, infatti, avanzare una serie di richieste finalizzate ad un futuro, effettivo riconoscimento normativo delle competenze maturate dagli infermieri presenti in Gran Bretagna, che passano dal riconoscimento automatico, in sede concorsuale, degli anni di servizio e dei titoli di studio conseguiti, ma anche di creare un ideale ponte, foriero di scambi e di opportunità professionali, tra la comunità infermieristica italiana ed i suoi figli, emigrati in Gran Bretagna e, tramite loro, con i colleghi inglesi.

Queste istanze sono irrealizzabili, in assenza di un dialogo con l’Ordine. Esso si fonda, peraltro, sulla premessa di un riconoscimento ufficiale, in quanto associazione di rappresentanza degli infermieri italiani nel Regno Unito, che con questa lettera Vi chiediamo per la prima volta ed in via ufficiosa.

Siamo convinti che i nostri propositi siano ambiziosi e di non semplice realizzazione; abbiamo piena consapevolezza che i problemi che oggi la categoria affronta sono gli stessi, se non più gravi, di quelli che costrinsero molti di noi a preparare i bagagli.

Siamo altresì certi, tuttavia, che, se le nostre rivendicazioni dovessero oggi rimanere inascoltate, non potrete domani non sentire la voce di migliaia di infermieri, che magari non desiderano più tornare in Patria, ma non hanno dimenticato i loro colleghi.

L’apertura ad un confronto internazionale evidenzierà che un altro modello di nursing, in cui l’infermiere riveste un ruolo di protagonista nella definizione dei modelli organizzativi dell’assistenza e delle politiche sanitarie in generale, è possibile.

Avete già perso la nostra professionalità e le nostre capacità.

Vi chiediamo di non perdere, ora, l’ulteriore contributo che veniamo ad offrirVi.

Con osservanza

Luigi D’Onofrio

Giuseppe Porfido

Gianluca Adinolfi

Marta Eleonora Marchetti

Felicia Livrieri

Sergio Maria Riggi

e tutti gli infermieri della Italian Nurses Society

Una replica a “Lettera aperta degli infermieri italiani nel Regno Unito all’Ordine delle Professioni Infermieristiche.”

  1. Avatar Rosaria Capano
    Rosaria Capano

    Buona sera concordo pienamente sui temi trattati. Mi auguro che i neolaureati infermieri facciano sentire la loro voce altrimenti non ci sarà futuro per la nostra professione in Italia. Non riconosciuti ,malpagati sono un’infermiera delusa.La teoria rimane sempre lontanissima dalla pratica mediocre.Speriamo nella nuova generazione di infermieri. Intanto personalmente faccio quello che posso..

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