Urgeva adottare delle soluzioni drastiche per cambiare rotta.
Come sempre, nel rispetto di limiti di budget che non consentivano di investire grandi risorse per l’assunzione di nuovo personale o per rinnovare le infrastrutture.
Un vicolo cieco, insomma.
Cosa fare? Il see and treat, ovvero la gestione infermieristica delle emergenze “minori”, in Inghilterra costituisce una realtà pluridecennale – a differenza dell’Italia, dove è stato di recente necessario il ricorso al giudice amministrativo, nel Lazio, per superare arcaiche resistenze e renitenze dell’Ordine dei medici.
Questa soluzione, pertanto, era già stata praticata.
La disperazione ha allora fatto aguzzare l’ingegno, facendo introdurre, prima in via sperimentale la scorsa estate ed ora in maniera definitiva, un nuovo modello di gestione degli accessi di Pronto Soccorso che…assomiglia un po’ all’uovo di Colombo.
Quanti pazienti che si rivolgono ad un Pronto Soccorso non ne hanno, di fatto, bisogno?
Quanti pazienti potrebbero rivolgersi al medico di famiglia o prenotare un appuntamento con uno specialista, o addirittura non avrebbero bisogno affatto di un medico?
Quanti pazienti abusano del sistema sanitario e vanno in Pronto Soccorso per non aspettare ?
Quanti pazienti potrebbero essere respinti?
Si tratta di domande comuni a tutte le Nazioni che offrono un’assistenza sanitaria gratuita ai cittadini, come l’Italia ed il Regno Unito, e che spesso costituiscono oggetto di un acceso e preoccupato dibattito politico sul futuro del sistema sanitario stesso.
Nessuno, tuttavia, aveva finora pianificato una sistematica “selezione all’ingresso” dei cittadini “meritevoli”, in virtù del loro problema di salute, di accedere ad un Pronto Soccorso, rimandando invece tutti gli altri dal medico di famiglia (in Inghilterra GP, General Practitioner) od a casa.
E’ esattamente la soluzione che è stata invece adottata a Romford, tra la sorpresa e la perplessità di molti.
Il trial, ovvero la sperimentazione, non coinvolgeva i bambini e prevedeva un medico od un GP (ma potrà essere benissimo, in futuro, un triagista esperto) allocati letteralmente “alla porta” dell’A&E, dunque prima ancora dello sportello del triage, con il compito di redirigere i pazienti che non necessitavano affatto di cure urgenti.
Un po’ come i buttafuori all’ingresso di una discoteca, se mi si passa il paragone.
Incredibilmente, il sistema ha funzionato. Tanto da essere adottato in via permanente e tanto che il Sindaco di Londra, Sadiq Khan, ne ha auspicato un paio di giorni orsono la pronta adozione in tutti i congestionati Pronto Soccorso della capitale.
Sono stati “respinti”, in realtà solo indirizzati verso il corretto percorso di cura, pazienti con emorroidi, con una puntura di vespa, oppure affetti da candidosi.
I tempi di attesa si sono ridotti di 21 minuti in media per gli adulti e di 48 minuti per i bambini ed i pazienti trattati e dimessi entro 4 ore sono passati dall’84 all’86%.
Il personale medico ed infermieristico ha finalmente potuto concentrare le propria attenzione e professionalità ai casi più complessi, con soddisfazione di tutti e riduzione dei conflitti interni e con i pazienti.
Guardando alla realtà italiana, afflitta dagli stessi annosi problemi di quella inglese, sorge spontaneo il paragone e l’auspicio della pronta introduzione di un modello simile.
L’unica variazione necessaria, a mio parere, sarebbe la presenza costante di un agente di sicurezza (guardia giurata o poliziotto) insieme al medico “pre-triagista”.
Perché l’assistenza sanitaria urgente e gratuita in Gran Bretagna è un diritto, in Italia – purtroppo – è diventata una pretesa.
Great reading yoour blog post
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